In Francia è stato approvato un emendamento che prevede fino a due anni di carcere e una multa fino a 300mila euro per i produttori che fanno guastare volutamente gli elettrodomestici dopo poco tempo, per spingere al consumismo. Sarà difficile che diventi legge, vista l’opposizione di conservatori e industriali, ma intanto il dibattito si è acceso.
Credo sia capitato a tutti il fatto che un elettrodomestico abbastanza nuovo si sia rotto poco tempo dopo lo scadere della garanzia. Secondo i verdi francesi non è un caso sfortunato, o una leggenda metropolitana, ma una tecnica scorretta di certi produttori.
Il teorico della decrescita Serge Latouche afferma che l’obsolescenza programmata sia uno dei pilastri della società dei consumi, così alcuni deputati francesi hanno deciso di prendere provvedimenti e punire questo problema.
«Una lavatrice potrebbe durare trent’anni, invece è concepita per rompersi subito – affermava già anni fa la candidata presidenziale Eva Joly. Da allora l’idea che i prodotti – dagli elettrodomestici alle automobili – si fermino non per caso si è fatta largo nell’opinione pubblica, grazie anche a uno studio eseguito nel marzo 2013 in Germania su commissione dei verdi tedeschi.
Gli ecologisti francesi hanno presentato venerdì scorso un emendamento alla proposta di legge sulla transizione energetica promossa da Ségolène Royal, che prevede il carcere fino a due anni e un massimo di 300 mila euro di multa per chi organizzi una «truffa al consumatore accorciando intenzionalmente la durata di vita di un prodotto sin dal suo concepimento».
“Queste pratiche sono nefaste per l’ambiente e pesano sul potere d’acquisto delle famiglie” affermano Eric Alauzet, Denis Baupin e Cécile Duflot, ex ministro durante la prima fase della presidenza Hollande. L’ultimo rapporto dell’Agenzia francese per l’ambiente dice che gli acquisti di apparecchi elettronici sono aumentati di sei volte tra il 1990 e il 2007, mentre nello stesso periodo la spesa per le riparazioni è scesa del 40%. Il 44% degli oggetti elettronici finisce in discarica senza neanche un tentativo di riparazione.
L’obsolescenza programmata è un classico della critica al consumismo, e gli esempi portati a favore di questa tesi si sono avvicendati nel tempo secondo l’evoluzione di prodotti e consumi: il cartello dei produttori di lampadine negli anni Venti, la DuPont che decise di fabbricare calze di nylon meno indistruttibili, le aziende produttrici di stampanti che sarebbero pronte a bloccare le macchine dopo qualche anno di uso.
Non manca chi invece definisce questo problema «Un falso mito», una credenza senza fondamento da complottisti, come l’economista Alexandre Delaigue.
Ma il dubbio resta, anche se la durata di alcuni prodotti potrebbe essere una specie di tacito compromesso tra produttori e consumatori: invece di un frullatore eterno che costerebbe 1000, meglio comprarne uno da 100, e cambiarlo ogni qualche anno.
L’obsolescenza programmata viene evocata regolarmente anche con i prodotti Apple: l’iPhone 5 sembra subito più lento la sera stessa in cui in California viene presentato il modello 6. Ma in questo caso l’emendamento francese non serve, sarebbe più utile una maggiore resistenza al persuasivo e seducente marketing della mela morsicata.