Ci sono molti gruppi di lavoro e di ricerca per la messa a punto su scala industriale della realizzazione di moduli fotovoltaici ad alta efficienza e a basso costo.
Per esempio, sono già state ottenute in laboratorio efficienze record del 40% su sistemi fotovoltaici composti da celle a tripla giunzione: chip particolarmente complessi (tre strati sovrapposti con arseniuro di gallio, silicio e germanio) capaci di catturare e trasformare in elettricità più bande dello spettro luminoso (a differenza delle celle in silicio o in film sottile che ne catturano soltanto uno), e quindi più efficienti. I produttori di celle multigiunzione sono rari nel mondo: la BoeingSpectrolabs, la Emcore e la Sharp che le realizza dal 2005. Unico in Europa, il Cesi, con celle che arrivano al 30% di efficienza intrinseca.
Lo svantaggio è il loro costo elevato e la complessità tecnologica. Infatti, questa tecnologia è stata impiegata finora prevalentemente sui satelliti e le navette spaziali.
Un’altra strada per lo sviluppo del fotovoltaico, ed è quella più promettente che può essere applicata su vasta scala, è quella dei pannelli a film sottile. Rispetto alle tradizionali celle fotovoltaiche al silicio cristallino, il film sottile costa cinque volte meno ed è più efficiente dei tradizionali pannelli in silicio amorfo: converte infatti il 12% dell’energia solare, contro l’8% scarso del silicio amorfo.
In questo caso non c’è più bisogno di una tecnologia sofisticata come avviene nella deposizione e nel drogaggio delle celle a triplo strato di cui ho accennato all’inizio del post, ma si possono utilizzare macchine simili a quelle oggi impiegate per la realizzazione degli schermi a cristalli liquidi, con una elevatissima produttività.
I PV (pannelli fotovoltaici), e utilizzano una quantità inferiore di silicio. Questa tecnologia è già presente sul mercato, anche se è meno diffusa rispetto alle altre. Oggi, secondo le stime del Photon International, le tipologie di fotovoltaico installate a livello mondiale si spartiscono il mercato nel seguente modo:
• il 10% è rappresentato dai PV a film sottile,
• il 42,2% dai PV monocristallini,
• il 45,2% dai PV policristallini.
Nel caso del pannello fotovoltaico tradizionale, lo strato di silicio ha uno spessore di circa 200 micron, mentre nel caso dei PV a film sottile si utilizza una quantità decisamente inferiore di silicio, con spessori che arrivano fino a un micron. Il materiale semiconduttore viene depositato sopra supporti a basso costo, come il vetro, il metallo e la plastica. La tecnologia a film sottile ha il vantaggio di essere adattabile a superfici come pareti, cellulari, borse, ecc., in quanto si può presentare anche in forma flessibile. Può quindi essere integrata architettonicamente, in particolare sugli esterni degli edifici, con una maggiore capillarità e un migliore impatto visivo.
L’handicap attuale del sistema a film sottile sta nel modesto valore del rendimento che non supera quello degli attuali pannelli fotovoltaici. Lo strato intermedio del pannello è il cuore dell’attività fotovoltaica e qui entrano in gioco le tecnologie più promettenti e di possibile applicazione fra qualche anno.
A questo proposito, cito alcune frasi di Salvo Coffa, responsabile della ricerca avanzata per l’St Microeletronics di Catania, tratte da un articolo del Sole 24 Ore di Giuseppe Caravita:
«Con la tecnologia di oggi – spiega Coffa – non si riesce a raggiungere nemmeno il 20% delle vecchie celle a silicio. E anche qui la curva di miglioramento prevedibile per i prossimi anni non è esaltante». Per questo il gruppo di ricercatori dell’St Microelectronics di Catania ha deciso, già da tempo, di esplorare una strada nuova.
Il pannello a film sottile è in pratica una sorta di sandwich su vetro. Un primo strato è l’elettrodo inferiore, poi uno di silicio opportunamente drogato fa l’effetto fotovoltaico (i fotoni che liberano elettroni) e infine un elettrodo trasparente superiore completa il sistema e assicura la corrente elettrica.
«Il cuore del pannello sta nello strato intermedio fotovoltaico. E qui possono entrare in gioco le nanotecnologie. Sappiamo infatti che sotto i 7 nanometri (miliardesimi di metro) opera una fisica diversa, quantistica. E che strutture nanometriche sono in grado di convertire luce in elettroni liberi in modo estremamente efficiente, ben al di sopra dei limiti attuali ».
In pratica: infinitesime nanostrutture (per esempio piramidi) possono generare elettroni dalle frequenze blu, verdi e rosse della luce solare. Allo stesso modo, a grandi linee, con cui lavora la cella a tripla giunzione, «ma con una semplicità intrinseca di un ordine di grandezza superiore» osserva Coffa. Non solo: il pannello a film sottile nanotech del prossimo futuro sarà così basato su materiali abbondanti e a basso costo: «Tanto vetro e poco silicio, con pochissimi droganti e metalli rari, una tecnologia a prova di futuro, anche per alti volumi». Detto così il progetto di ricerca del team catanese sembra semplice: «Noi ci siamo arrivati dopo anni di sviluppo sulla microelettronica dei sensori e grazie alla capacità produttiva submicron dell’azienda – spiega Coffa – sappiamo anche di gruppi universitari al lavoro su questa pista. Che però è e resta d’avanguardia». Proprio per questo Coffa ci scommette: «Supponiamo che avessimo a disposizione una linea produttiva pilota, tipo Lcd. Un impianto, per ipotesi, da 100 megawatt annui, o da 250 milioni di euro di costo. Entro pochi anni potremmo sperimentare e poi affinare in produzione i primi pannelli ad alta efficienza, al 20% e persino il 30 per cento. Questa tecnologia nanometrica su film sottile infatti può evolvere rapidamente. E non starà ferma». Architetture via via più calibrate delle nanostrutture, pannelli sempre più densi di componenti attive, integrazione sui pannelli stessi dei circuiti fotovoltaici di conversione elettrica (inverter) e di controllo ottimizzato del pannello… «all’inizio usciranno anche pannelli al 10%, ma c’è da scommettere che dopo 10 anni saremo a tre volte tanto». E intanto il gioco delle economie di scala opererà sui costi, al ribasso, «così come oggi avviene sugli schermi Lcd».
E a quel punto, immagina Coffa, il fotovoltaico avrà infranto il suo muro del suono.
Non avrà più bisogno di sussidi e incentivi per divenire la forma di energia solare più diffusa, economica e versatile sulla faccia del pianeta.
Riporto anche le seguenti frasi tratte da un successivo articolo di Giuseppe Caravita comparse nel Sole24Ore, riguardanti l’intervista fatta a Coffa.
Sotto i dieci nanometri (miliardesimi di metro) piccoli cubi, cilindri o muretti di ossido di silicio (opportunamente drogati con molecole sensibili di germanio o di gallio) possono catturare e trasformare in elettricità le diverse lunghezze d’onda (colori) della luce solare. È il santo Graal del fotovoltaico: riuscire a usare tutto lo spettro luminoso, mentre oggi i chip correnti ne prendono soltanto il 20%, al più.
«Noi stiamo lavorando a pieno ritmo su questo approccio. Strati sottilissimi di silicio nanotech depositati su vetro. Impianti a ciclo continuo di stampaggio come quelli per gli schermi Lcs, che lavorano lastre di sei metri quadrati alla volta. Quindi bassi costi in produzione, ma sopra un film sottile in silicio (materiale abbondante) capace di giocare sui diversi colori della luce, fino al 30-40% di efficienza per pannello».
È questo, secondo Coffa, il secondo motore (oggi nascosto) di “Sun-to-Grid” , il progetto proposto a “Industria 2015” (il nuovo fondo per l’innovazione energetica lanciato dal ministero dello Sviluppo Economico). Il progetto si basa da un lato sull’idea di fondo del fisico dell’Università di Ferrara, Giuliano Martinelli, di spaccare la luce in vari colori e di trasformarla in elettricità con più chip fotovoltaici a basso costo (in film sottile) specializzati sui singoli colori. Risultato: sistemi fotovoltaici concentrati (come quello già ideato dall’Angelantoni) capaci di efficienze del 30 per cento. Dall’altro lato, però, l’approccio di St Microelectronics di Catania punta sì a trattare separatamente i diversi colori luminosi, ma tramite nanostrutture specializzate sullo stesso film sottile.
«Sono due trend integrabili. Noi tra tre o quattro anni usciremo con un normale pannello da tetto a film sottile ma a efficienza forse tripla agli attuali – dice Coffa – mentre loro potranno usare la nostra tecnologia nanotech per sistemi fotovoltaici a concentrazione, di tipo industriale (o per reti elettriche) a prestazioni elevatissime, e forse record».
Secondo Coffa, quindi, il futuro del fotovoltaico sarà quello di utilizzare sempre il silicio, materiale disponibile in grande quantità, ma con la differenza di applicarlo in strati sottilissimi, sfruttando le nanotecnologie.